Uomini delle Forze armate di Stato che
difendono interessi privati.
Questo , in sintesi, sono i marò
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone .
Non sono certo gli unici, si tratta di
decine e decine di uomini delle FF.AA che prestano un servizio
'privato' atto a sorvegliare navi che battono, per comodità ,
bandiera italiana ma che trasportano guadagno per le multinazionali,
spesso, del Crimine organizzato.
Gli indignati italiani e
'naturalizzati' come Magda Cristiano Allam che, per mesi, hanno
solidarizzato con due assassini in mimetica, hanno collaborato , chi
consapevolmente e chi no, a lastricare e quindi a seppellire la
Verità per preparare il loro rientro in Italia con una cerimonia
istituzionale: “i due sottufficiali del Reggimento San Marco sono
stati accolti all'aeroporto di Ciampino dal Capo di Stato Maggiore
della Marina, Ammiraglio Luigi Binelli, dal ministro degli Esteri
Giulio Terzi, e della Difesa Giampaolo Di Paola” si legge su uno
dei maggiori quotidiani nazionali.
Il lavorio di dieci mesi ha dato i suoi
succulenti frutti. Difatti, l'ex Ministro Ignazio La Russa ha , da
subito, strumentalizzato il caso e ha dato il via libera per il loro
accesso al Parlamento attraverso il suo neo partito “Fratelli
d'Italia - Centrodestra nazionale”:
“Sono pronto a lasciare i migliori posti in lista ai due marò, che devono rientrare e restare in Italia, per svolgere un ruolo in parlamento”.
“Sono pronto a lasciare i migliori posti in lista ai due marò, che devono rientrare e restare in Italia, per svolgere un ruolo in parlamento”.
Una difesa strenua e indecorosa per due
,al momento presunti , assassini.
Nessuna indignazione s'è levata invece
per il declino della sovranità nazionale.
Quando accadde l'irreparabile , chi
decise il rientro nel porto di Kochi?
Il governo italiano? No.
Ad ordinare al comandante della nave,
Umberto Vitelli, quando già si trovava in acque internazionali, di
tornare a Kochi in India è stato l’armatore Luigi D’Amato o un
suo vicario:
“Fate come dicono loro, tornate a
Kochi“.
Una decisione 'privata' che avrà
conseguenze diplomatiche internazionali di grande rilievo.
Nel baccano popolare si è riusciti a
seppellire, nel più completo disinteresse, due lavoratori indiani,
colpevoli di svolgere il loro umile lavoro vicino alla tratta delle
petroliere europee.
Che triste destino per loro. Uccisi,
una prima volta, perché scambiati per pirati. Uccisi, una seconda,
perché appartenenti alla classe proletaria indiana.
Chi ci legge sa come il nostro animo
antispecista dissente dalla pesca , come da altre forme di
speculazione su esseri senzienti non umani ma, in questo caso, è
l'appartenenza di classe che più ci preme mettere in risalto.
Rendiamo onore allo Stato dell'India
che , perlomeno fino a questo punto, non si è lasciato intimorire e
non ha ceduto a pressioni internazionali per 'difendere' la morte di
due suoi cittadini. Due lavoratori, autentici servitori del Popolo.
Breve inciso: la pesca è una fonte
economica non indifferente per uno Stato e, solo attraverso una
radicale forma di cambiamento dal basso , può cessare la sua
esistenza ma non è questo il luogo e il tempo per un'analisi
antispecista del problema.
Bisogna considerare anche il fatto che
nemmeno in Italia siamo riusciti a bandiere questa inutile pratica
millenaria. Inoltre, occorrerebbero maggiori dati e una
collaborazione con gruppi indiani per poter sviluppare un'alternativa
alla pesca in India.