Vladimir Il'ič
Ul'janov è l'unico che può riportare un barlume d'intelletto nelle
menti avvolte dalle tenebre del tradimento costantemente perpetuato
dalla cosiddetta sinistra italiana.
La 'questione
Siria' (ma adattabile a qualsiasi altro Paese colpito
dall'imperialismo occidentale) necessita dell'intervento diretto di
Lenin, per poter essere contestualizzato efficacemente.
Cosa è cambiato
dal XX al XXI secolo? Quasi nulla. Il lettore si accorgerà di come
le parole di Vladimir Il'ič Ul'janov siano attuabili in qualsiasi
epoca storica e in qualsiasi luogo sperduto del mondo.
Laddove le lacrime
riempiono i visi sporchi dei lavoratori, il verbo di Lenin torna a
tuonare per rinfrancare i cuori dell'intero proletariato.
Per
questo motivo che l'Italia di Mussolini fu la prima nazione a
riconoscere la Russia dei Soviet . (1)
Nei testi che
seguono (con possibilità di aggiornamento) sono messi in grassetto i
passaggi importanti dei suoi scritti sull'autodecisione delle nazioni
e, in rosso, quelli essenziali per l'apprendimento del suo pensiero
nel contesto imperialista attuale, lontano dalla chiave di lettura
apostata della sinistra italiana.
I protagonisti,
oggi, non sono più singole nazioni bensì alleanze strategiche dei
maggiori Stati d'Occidente con l'ausilio di Israele, da una parte e
dall'altra, i Paesi considerati 'Canaglia', cioè tutti quei paesi in
cerca di emancipazione a livello internazionale.
(1)
Scritto nel febbraio-maggio 1914
SUL DIRITTO DI AUTODECISIONE DELLE
NAZIONI
[...]nello stato capitalistico la
negazione della libertà di autodecisione , cioè di separazione,
equivale soltanto alla difesa dei privilegi della nazione dominante e
dei metodi polizieschi di governo a detrimento di quelli democratici.
Non c'è dubbio che il politicantismo,
generato da tutti i rapporti della società capitalistica, provoca
talvolta le chiacchiere oltremodo superficiali e persino
semplicemente assurde dei parlamentari e dei pubblicisti sulla
separazione di questa o quella nazione. Ma solo i reazionari possono
lasciarsi spaventare (o fingere di esse spaventati) da simili
chiacchiere. Chiunque si metta dal punto di vista della democrazia,
chiunque sia cioè per la soluzione delle questioni politiche ad
opera delle masse, sa benissimo che tra le chiacchiere dei
politicanti e la decisione delle masse la “distanza è di grandi
dimensioni”. Le masse della popolazione, istruite
dall'esperienza quotidiana, conoscono bene l'importanza dei legami
geografici ed economici, i vantaggi di un grande mercato e di un
grande Stato, e decideranno di separarsi solo se l'oppressione e gli
attriti nazionali renderanno assolutamente insopportabile la vita in
comune, intralciando ogni specie di rapporti. Ma in questo caso
gli interessi dello sviluppo capitalistico e della libertà per la
lotta di classe saranno appunto dalla parte di coloro che si
separano.
Scritto nel febbraio-maggio 1914
SUL DIRITTO DI AUTODECISIONE DELLE
NAZIONI
Gli interessi della classe operaia e
la sua contro il capitalismo esigono la piena solidarietà e l'unità
più stretta degli operai di tutte le nazioni, esigono che si opponga
resistenza alla politica nazionalistica della borghesia di qualsiasi
nazionalità. Perciò negare alle nazioni oppresse il diritto di
autodecisione , cioè di separazione, oppure sostenere tutte le
rivendicazioni nazionali della borghesia delle nazioni oppresse,
equivarrebbe, per i socialdemocratici, a
sottrarsi ai compiti della politica proletaria e
a subordinare gli operai alla politica borghese . Per
l'operaio salariato è indifferente che il suo principale sfruttatore
sia la borghesia grande-russa invece di quella allogena, o la
borghesia polacca invece di quella ebraica ecc. L'operaio salariato ,
cosciente degli interessi della propria classe, è indifferente sia
ai privilegi statali dei capitalisti grandi-russi sia alle promesse
dei capitalisti polacchi o ucraini di instaurare il paradiso in
terra, quando avranno conquistato i privilegi statali. Lo sviluppo
del capitalismo prosegue comunque e proseguirà sia in uno stato
plurinazionale che in singoli Stato nazionali.
L'operaio salariato rimarrà in tutti i
casi un oggetto di sfruttamento, e per lottare con successo contro
questo sfruttamento il proletariato deve essere esente dal
nazionalismo, deve essere, per così dire, assolutamente neutrale
nella lotta della borghesia delle diverse nazioni per la supremazia.
Il minimo appoggio del proletariato di una qualsiasi nazione ai
privilegi della “propria” borghesia nazionale susciterà
inevitabilmente la sfiducia del proletariato delle altre nazioni,
indebolirà la solidarietà nazionale di classe, dividerà gli operai
con grande gioia della borghesia. Negare il diritto
all'autodecisione o alla separazione significa inevitabilmente
sostenere in pratica i privilegi della nazione dominante.
Scritto nel febbraio-maggio 1914
SUL DIRITTO DI AUTODECISIONE DELLE
NAZIONI
Al socialista di una nazione che ne
opprime altre, Marx rivolge domande sul suo atteggiamento verso la
nazione oppressa e scopre immediatamente un difetto comune ai
socialisti delle nazioni dominanti (inglese e russa):
l'incomprensione dei loro
doveri socialisti verso le nazioni asservite, le rimasticature di
pregiudizi presi a prestito dalla borghesia della “grande nazione
dominante”.
LA
RIVOLUZIONE SOCIALISTA E IL DIRITTO DELLE NAZIONI ALL'AUTODECISIONE
(tesi)
Scritto nel
gennaio-marzo 1916.
L'imperialismo è
la fase suprema dello sviluppo del capitalismo. Il capitale ha
sorpassato nei paesi avanzati i limiti degli Stati nazionali, ha
sostituito alla concorrenza il monopolio, creando tutte le premesse
oggettive per l'attuazione del socialismo. Perciò nell'Europa
occidentale e negli Stati uniti la lotta rivoluzionaria del
proletariato per l'abbattimento dei governi capitalistici e per
l'espropriazione della borghesia è all'ordine del giorno.
L'imperialismo spinge le masse verso questa lotta, acutizzando in
modo straordinario gli antagonismi di classe, peggiorando le
condizioni delle masse sia nel campo economico -trust, caroviveri-che
in quello politico: il militarismo si sviluppa, le guerre
diventano più frequenti, la reazione si rafforza, l'oppressione
nazionale e il brigantaggio coloniale si accentuano e si estendono.
Il socialismo vittorioso deve necessariamente instaurare la completa
democrazia e, quindi, non deve attuare soltanto l'eguaglianza dei
diritti delle nazioni oppresse, cioè il diritto alla libera
separazione politica. Quei partiti socialisti i quali non
dimostrassero mediante tutta la loro attività -sia oggi, sia nel
periodo della rivoluzione, sia dopo la vittoria della rivoluzione –
che essi liberano le nazioni asservite e basano il loro atteggiamento
verso di esse sulla libera unione – e la libera unione non è che
una frase menzognera senza la libertà di separazione – tali
partiti tradirebbero il socialismo.
[...]
Come l'umanità non
può giungere all'abolizione delle classi se non attraverso un
periodo transitorio di dittatura della classe oppressa , così non
può giungere all'inevitabile fusione delle nazioni se non
attraverso un periodo transitorio di completa liberazione di tutte le
nazioni oppresse , cioè di libertà di separazione.
[...]
Non soltanto la
rivendicazione dell'autodecisione delle nazioni, ma tutti i
punti del nostro programma minimo democratico erano stati prima
, già nel XVII e nel XVIII secolo, presentati dalla piccola
borghesia. E la piccola borghesia continua ancora oggi,
utopisticamente, a presentare tutti questi punti, senza vedere
la lotta di classe e il suo acuirsi in regime democratico, credendo
nel capitalismo “pacifico”. É precisamente questa utopia,
l'utopia dell'unione pacifica delle nazioni con eguali diritti sotto
l'imperialismo, che inganna il popolo ed è difesa dai
kautskiani. In contrapposto a questa utopia opportunista
piccolo-borghese, il programma della socialdemocrazia deve
mettere in evidenza la differenziazione delle nazioni in nazioni
dominanti e nazioni oppresse, differenziazione fondamentale ,
essenzialissima e inevitabile nell'epoca imperialista...
Il proletariato
deve esigere la libertà di separazione politica delle colonie e
delle nazioni oppresse della “sua” nazione. Nel caso
contrario , l'internazionalismo del proletariato resterà vuoto e
verbale; tra gli operai della nazione dominante e gli operai della
nazione oppressa non sarà possibile né la fiducia , né la
solidarietà di classe; l'ipocrisia dei difensori riformisti e
kautskiani del diritto di autodecisione , i quali non parlano delle
nazionalità oppresse dalla “loro” nazione e violentemente
mantenute nei confini del “loro” Stato, non sarà smascherata.
Dall'altro lato, i socialisti delle nazioni oppresse debbono
particolarmente difendere e attuare l'unità completa e
incondizionata, quella organizzativa compresa, degli operai della
nazione oppressa con quelli della nazione dominante. Senza questo non
è possibile - date le manovre di ogni specie, i tradimenti e le
infamie della borghesia – difendere la politica autonoma del
proletariato e la sua solidarietà di classe col proletariato degli
altri paesi, poiché la borghesia delle
nazioni oppresse trasforma continuamente le parole d'ordine della
liberazione nazionale in un inganno per gli operai: nella politica
interna essa utilizza queste parole d' ordine per accordi reazionari
colla borghesia delle nazioni dominanti...; nella politica estera
tende ad accordarsi con una delle potenze imperialiste fra loro
rivali per conseguire i suoi scopi di rapina ….
[...]
I paesi
semicoloniali , come la Cina, la Persia, la Turchia e tutte le
colonie con una popolazione di circa 1000 milioni di abitanti...I
socialisti non soltanto debbono esigere la liberazione immediata,
incondizionata, senza indennità delle colonie -e, questa
rivendicazione, nella sua espressione politica, non significa altro,
precisamente , che il riconoscimento del diritto di autodecisione,-ma
debbono sostenere in questi paesi, nel modo più deciso , gli
elementi più rivoluzionari dei movimenti democratici borghesi di
liberazione nazionale, aiutarli nella loro insurrezione e , se il
caso si presenta, nella loro guerra rivoluzionaria contro
le potenze imperialiste che li opprimono.
[...]
Da un lato vediamo
i servitori più o meno aperti della borghesia i quali difendono
le annessioni perché l'imperialismo e l'accentramento politico
sarebbero progressivi, e negano il diritto di autodecisione che
essi definiscono utopistico, illusorio , piccolo borghese ecc....
Per quanto riguarda
la questione delle annessioni, essa è diventata particolarmente
attuale in relazione alla guerra. Ma che cos'è una annessione? E'
facile convincersi che ogni protesta contro le annessioni o si riduce
al riconoscimento dell'autodecisione delle nazioni oppure si basa
sulla fraseologia pacifista che difende lo status quo
e che è avversa a ogni violenza , anche
rivoluzionaria. Una simile fraseologia è radicalmente sbagliata e
inconciliabile col marxismo.
RISOLUZIONE SULLA QUESTIONE NAZIONALE
“Conferenza di aprile” 1917
La politica di oppressione nazionale , eredità dell'autocrazia e
della monarchia, viene sostituita dai gradi proprietari fondiari, dai
capitalisti e dalla piccola borghesia allo scopo di difendere i
propri privilegi di classe e di dividere gli operai delle diverse
nazionalità. L'imperialismo contemporaneo, che accentua la
tendenza a subordinare i popoli deboli, è un nuovo fattore di
aggravamento dell'oppressione nazionale.
Se l'oppressione nazionale può essere eliminata nella società
capitalistica, ciò può realizzarsi soltanto quando la struttura del
regime dello Stato sia quello di una repubblica democratica
conseguente, che garantisca la completa uguaglianza di tutte le
nazioni e di tutte le lingue […]
Solo
se il proletariato riconosce alle nazioni il diritto di separarsi ,
si potrà garantire la piena solidarietà tra gli operai delle
diverse nazioni e favorire un riavvicinamento realmente democratico
tra le nazioni.